Laureato in Filosofia con una tesi sull’esistenza dei personaggi fittizi, lavora a Venezia come drammaturgo e performer.
Nel 2024 vince il Bando Autori di Biennale Teatro con il testo Tacet.
Nel 2023 vince la menzione speciale Franco Quadri del Premio Riccione con il testo È solo un lungo tramonto.
Porta avanti una ricerca strutturalista sulla drammaturgia, progettando ordigni spettacolari che accolgono la partecipazione del pubblico e il caso, cercando di costruire esperienze teatrali ludico-rituali che inneschino cortocircuiti con il tempo e lo sguardo di spettatori e performer.
Negli ultimi lavori ha creato dei parassiti drammaturgici che aggrediscono organismi testuali già esistenti, un dispositivo teatrale per eleggere la più grande tragedia dell’umanità, un ufficio teatrale per la celebrazione di un funerale in scena, un gioco per rivivere da zero una seconda vita sul palcoscenico, un esperimento di hauntology teatrale sulla perdita della memoria del padre. Come performer fonde il suo percorso di attore a quello di sassofonista, in una continua esplorazione nel campo dell’improvvisazione libera e dei suoni non idiomatici.
La mia pratica comincia da un lavoro strutturalista sulla scrittura. Penso l’incontro con il pubblico a partire da un dispositivo – o forse è meglio dire un ordigno – che inneschi un cortocircuito tra la realtà del pubblico e la realtà della performance. Costruisco cornici entro le quali performer e spettatori possano liberamente produrre discorso, e nei quali il caso e l’improvvisazione giocano un ruolo decisivo. Si tratta di ideare regole di un rito ludico-teatrale nel quale performer e spettatori siano egualmente partecipi.
La tematica centrale di ogni mio lavoro è, in fin dei conti, il tempo. Concepisco i performer come coloro che manipolano il tempo del pubblico, e concepisco la performance come uno dei pochi luoghi rimasti in cui si può accedere a un tempo diverso da quello della quotidianità: il tempo del lavoro, dei social network, dell’accumulo, dell’assenza di noia, dell’eterno presente. Solo attraverso l’esperienza temporale della performance si può criticare e ripensare il tempo della quotidianità.
Nella mia metodologia cerco spesso di lavorare con dei ready-made testuali, di ricontestualizzare, distorcere, espandere le diverse forme di scrittura che ci circondano, e di costruire dispositivi che mostrino al pubblico questi stessi processi – o la loro traduzione – svolgersi davanti a sé.